Dottoressa, che cosa si fa nella scuola-ospedale di Lecce?
“La nostra è una realtà che si è avviata intorno al 2012 grazie alla pressione all’associazione di genitori di bambini emo-oncologici “Per un sorriso in più” che continuano ancora a essere presenti, anzi in prima linea e ci sostengono in tutti i sensi. Posso dire che noi siamo il primo esempio di scuola in ospedale in tutto il Salento. Ci siamo formati sul modello della scuola dell’Umberto I di Roma con la quale abbiamo avuto un rapporto di collaborazione. Abbiamo messo su tre aule per la didattica suddivise in elementari, medie e superiori situate proprio nel nostro reparto. In certi casi si possono svolgere anche lezioni vicino al letto del paziente, organizzare lezioni individuali o anche di gruppo a seconda della materia. Abbiamo provato anche a interagire con la classi di appartenenza dei singoli pazienti attraverso tecnologie come Skype. A volte va bene ma spesso non è possibile attuare la procedura perché molte scuole non sono dotate di attrezzatura tecnologica, non hanno connessione wi fi o forse non vogliono averla”.
Oltre la didattica cosa proponete?
“Abbiamo voluto mettere in comune le nostre esperienze professionali anche con l’esterno, organizziamo incontri nelle scuole per informare ad esempio i ragazzi sull’importanza di donare il midollo osseo e poi ci occupiamo anche di seguire i nostri pazienti in momenti delicati come il reinserimento nella classe che spesso è traumatico oppure di educare anche i compagni all’accettazione del bambino/ragazzo che è stato in ospedale affinché si ritorni alla normalità. In questa fase anche il confronto con il corpo insegnante è importante. A loro spetta il compito di accompagnare il bambino nella difficile fase della ripresa ”.
E poi ci sono gli ospiti esterni?
Gli ospiti nella scuola in ospedale sono sempre ben accolti. E chiunque si trova a passare da quelle parti ne esce fortificato. Molto bella è l’esperienza che gli studenti stranieri del progetto Erasmus fanno al Vito Fazzi. “Anche quest’anno ripeteremo l’esperimento - spiega la dirigente – ono studenti di scuola superiore, gli ultimi ospitati provenivano dalla Polonia. Durante la visita si trattengono a raccontare episodi che li riguardano e si creano momenti di scambio molto belli. Poi ci sono le lezioni ad hoc con i professori universitari spesso riservate agli alunni più grandi che stanno per lasciare la scuola superiore e devono scegliere un indirizzo universitario. Quest’anno abbiamo in programma vari seminari di fisica. Abbiamo anche ospitato esponenti delle Forze dell’Ordine per conferenza a tema. Ad esempio un comandante della Finanza che ci ha spiegato il concetto di legalità”.
E l’istruzione domiciliare? Ora che il periodo di degenza si è ristretto c’è necessità di continuare la casa le lezioni..
“In verità di istruzione domiciliare ci sono poche realtà. I nostri pazienti anche quando vanno a casa decidono di continuare a seguire gli insegnanti della scuola in ospedale”.