Prof.ssa Franca Ida Rossi, è davvero poco conosciuto e applicato il servizio pubblico per gli alunni malati?
Paradossale eppure è così. Spesso, neanche chi lavora nelle strutture sanitarie è informato. La prima volta che andai a visitare il presidio scolastico al Policlinico Umberto I di Roma chiesi all’ingresso dove fosse la scuola. Mi guardarono sbigottiti: “qua signò non ci stanno scuole”. C’è la necessità di dare più evidenza a questa opportunità, anche nelle scuole manca una giusta informazione: non è una realtà di nicchia, è un diritto. Bisogna impegnarsi per diffondere maggiormente la conoscenza della scuola in ospedale e dell’istruzione domiciliare per garantire il diritto all’istruzione per tutti gli studenti e supportare al meglio i docenti che operano negli ospedali soprattutto se alle prime esperienze. La scuola deve farsi carico delle difficoltà di tutti gli allievi: purtroppo, alcune patologie (come l’anoressia e bulimia) sono in forte aumento. Si tratta di ragazzi e ragazze che sono impossibilitati a frequentare la scuola, schiacciati da problemi e angosce. Non necessitano di ospedalizzazione ma restano, lo stesso, fuori dalla classe per lunghi periodi. La scuola, in questi casi, ha la possibilità di realizzare un progetto di istruzione domiciliare. E’ necessario un certificato medico che attesti l’impossibilità a frequentare la scuola per un periodo superiore ai trenta giorni anche non continuativi, accompagnato dalla richiesta dei genitori di poter usufruire dell’istruzione domiciliare. Ma prima di tutto ci deve essere consapevolezza da parte degli attori che questo servizio si può fare.
Come si fa ad attuare un progetto di istruzione domiciliare individuale?
Il progetto a domicilio può essere presentato in qualunque momento dell’anno scolastico. Va redatto dal consiglio di classe dell’alunno e l’attività didattica svolta ha la stessa valenza di quella svolta in classe in termine di certificazioni e di valutazione.
Ci sono anche le nuove tecnologie che possono dare una mano a questi alunni?
Le nuove tecnologie consentono allo studente che non può frequentare, di seguire in diretta le attività in classe e anche di poter interagire con i docenti e i compagni. Fondamentale però rimane l’incontro con il docente a casa. Serve anche a non perdere il contatto con la scuola. Insomma il vantaggio è duplice: la scuola a domicilio aiuta nel percorso di cura e garantisce la continuità didattica.
Negli ospedali invece c’è una vera e propria scuola con i docenti, le classi ecc.?
Il servizio è attivo in tutti i maggiori ospedali o reparti pediatrici di ogni regione proprio per contrastare l’abbandono scolastico dovuto alla malattia e all’ospedalizzazione. E’ un importante tassello del programma terapeutico e concorre all’umanizzazione del ricovero. In alcuni ospedali ci sono delle vere e proprie aule, proprio come a scuola. I docenti possono essere di ruolo oppure supplenti con incarichi annuali. C’è un problema: succede che alcuni insegnanti annuali si ritrovano catapultati in una realtà difficile che possono non essere preparati psicologicamente ad affrontare. Spesso ad aiutarli e a guidarli in questo difficile lavoro sono i colleghi più esperti. Nello stesso tempo c’è bisogno di formare sempre più nuovi docenti per le sezioni ospedaliere anche perché l’ospedalizzazione si sta sempre più contraendo a fronte di periodi di terapia presso il proprio domicilio .